IL CASO

Partecipate, l’Emilia supera il Sud

La Uil: in regione 4.789 poltrone nei cda delle società,
più che in tutto il Meridione Vassallo è incaricato della spending review: numeri preoccupanti, siamo al lavoro

IL CASO

Partecipate, l’Emilia supera il Sud

La Uil: in regione 4.789 poltrone nei cda delle società,
più che in tutto il Meridione Vassallo è incaricato della spending review: numeri preoccupanti, siamo al lavoro

BOLOGNA - Ne avrà di che tagliare il presidente della Regione Stefano Bonaccini dopo aver promesso in campagna elettorale di dimezzare le società partecipate. Perché secondo il rapporto della Uil sui costi della politica, l’Emilia-Romagna è la regione con il maggior numero di consiglieri di amministrazione in società partecipate di enti locali e territoriali: 4.789 incarichi, distribuiti ad altrettanti membri di cda in società, consorzi, enti e Fondazioni. Una massa critica che supera da sola i consiglieri delle società partecipate pubbliche di tutto il Sud Italia. Tutte le regioni meridionali messe insieme, infatti, si fermano a 4.684 consiglieri. In Emilia-Romagna la consistenza relativa di partecipate e controllate sul totale del numero delle società è pari al 10% (contro il 18,6% in Lombardia e il 10,1% in Veneto).

«Sono dati interessanti che segnalano un fenomeno da analizzare», osserva prudente Salvatore Vassallo, ex deputato del Pd e professore di Scienza politica all’Università di Bologna, chiamato da viale Aldo Moro a dirigere un team di ricercatori con il compito di studiare la macchina organizzativa della Regione e individuare margini di razionalizzazione. Vassallo non nasconde la perplessità di fronte a quel 4.789 che è il numero totale di consiglieri in tutta l’Emilia-Romagna. «È un numero straordinariamente elevato — osserva il Democratico — che potrebbe indicare una patologia nel sistema delle partecipate, ma questo potrò dirlo solo al termine della mia ricerca». Il dato appare sproporzionato se confrontato con quello della Toscana, che ha sempre avuto un sistema di società in house simile a quello adottato in Emilia- Romagna ma ha «soltanto» 779 consiglieri. «D’altro canto, senza voler sminuire il problema — prosegue Vassallo — va detto che le società emilianoromagnole, secondo i dati della Corte dei Conti, hanno una incidenza per la spesa di personale sul costo della produzione più basso di qualsiasi altra regione, il più basso quoziente di indebitamento, il più alto valore complessivo della produzione per abitante». Quel numero dunque, secondo il politologo, potrebbe dipendere dal fatto che l’Emilia-Romagna, più delle altre Regioni. ha affidato servizi pubblici a multiutility con grandi volumi di fatturato: «Allora dobbiamo chiederci se avrebbe senso affidare invece al mercato quei servizi».

Se i numeri hanno bisogno di ulteriori interpretazioni, un dato però è evidente: «Che i cda siano stati in Italia un cimitero per gli elefanti della politica, dove parcheggiare fuoriusciti e nominati, è un fenomeno diffuso — riconosce Vassallo — se questo sia accaduto anche in Emilia-Romagna non ho ancora sufficienti elementi per dirlo. Ma sicuramente questi dati sono indizi preoccupanti su cui dobbiamo riflettere ». Chi non ha bisogno di ulteriori approfondimenti, invece, sono gli esponenti del Movimento 5 Stelle Massimo Bugani e Silvia Piccinini, rispettivamente consigliere comunale e consigliera regionale, che parlano di un quadro «scandaloso ». «Queste società — scrivono i due grillini in una nota — non sono altro che un poltronificio per politici trombati nelle varie tornate elettorali». Bugani e Piccinini se la prendono soprattutto con Bologna Fiere: «Nel cda ci sono 12 consiglieri che percepiscono 129 mila euro a testa ogni anno, capite tutti che in questa terra c’è qualcosa che non va». L’Emilia-Romagna è stata per anni la regione del buon governo: «Ora e’ solo un lontano ricordo» concludono i 5 Stelle.

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Andreina Baccaro
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